2015

L' avventura del metodo

I nuovi studi umanistici

Una volta stabilita la concezione complessa dell'umano, diventa possibile rigenerare l'umanesimo.

Si deve innanzitutto riaffermare il principale principio umanistico, che è il riconoscimento di ogni essere umano, chiunque sia, da ovunque venga, nella sua piena umanità.

Questo principio universale non era infatti stato universalizzato. I colonizzati, gli sfruttati, le donne erano considerati subumani o esseri infantili privi di accesso allo stadio adulto. Ancora oggi, centinaia di milioni di schiavizzati, sfruttati, manipolati, emarginati, ghettizzati, disprezzati vedono la loro umanità negata. Noi, oggi, dobbiamo fare di questo principio un principio universale concreto.

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L'AVVENTURADELMETODO_MORIN

Per pervenirvi, si tratta di sviluppare una nuova cultura umanistica. Questi nuovi studi umanistici devono operare un'interconnessione feconda tra la cultura delle discipline umanistiche tradizionali (filosofia, letteratura e arti) e la cultura scientifica contemporanea.

Queste due culture sono oggi disgiunte a partire da un processo di separazione che si è sviluppato nel ventesimo secolo.

Le discipline umanistiche tradizionali sono fondate su testi letterari, poetici, filosofici, appartenenti alla cultura greco-latina classica, poi alla letteratura occidentale stessa: formano un sapere, sul mondo, sulla natura, sull'uomo, sulla società. Questo sapere costituiva per il "galantuomo" una cultura antropocosmologica che conteneva le conoscenze fondamentali sul destino dell'uomo e la natura del mondo.

Questo sapere è profano/laico, ma può sia completare il sapere religioso con conoscenze profane, sia contestarlo e divenire una base della laicità, sostituendo la teologia con gli studi umanistici profani, sia ancora, dopo l'esercizio corrosivo del dubbio e della critica, ritornare a Dio sottoponendo a critica la critica. Gli studi umanistici costituiscono dunque, allo stesso tempo, il campo in cui si affrontano la fede e il dubbio, le credenze, le idee.

La cultura greco-latina, che è alla radice degli studi umanistici, ha perduto progressivamente terreno a vantaggio della parte moderna, in cui si è sviluppato un settore "saggistico" al contempo parafilosofico e parascientifico, dove il dubbio critico e il razionalismo hanno trovato la placenta di cui si sono liberati nel corso del diciottesimo secolo.

Una tale cultura, come tutto ciò che è cultura, è dotata di generatività; i suoi testi non evaporeranno e non si dissolveranno nei fantasmi e nei sogni; contengono in se stessi orientamenti, norme, interdetti. Ora, l'orientamento principale è sicuramente la cultura della soggettività, l'aiuto all'introspezione e all’espressione: acquisire, sviluppare e affinare la propria sensibilità estetica, i propri sentimenti, nutrire con l'immaginario la poesia degli amori reali ecc. Ci sono dunque, a impregnare questi studi umanistici, regole d'azione, non solamente schemi estetici di gusto e schemi di conoscenza, ma anche modelli culturali (che orientano e determinano formazione, strutturazione, espressione dei sentimenti, sensibilità e personalità). Questa cultura migra dall'ambiente aristocratico a quello dell'individualismo borghese del diciannovesimo secolo.

Questi studi umanistici fioriti sul terreno dell'umanesimo rinascimentale diventano il terreno dell'umanesimo del diciannovesimo secolo, cioè della concezione che ha come origine e come scopo l'idea di uomo. Quest' umanesimo potrà allontanarsi dal vigore concreto delle materie classiche, fondandosi sull'idea astratta, deificata e reificata di uomo.

Parallelamente, il razionalismo spicca il volo; cessa di essere un atteggiamento critico verso la fede religiosa e le monarchie assolute e si pone come concezione veridica del mondo e dell'uomo e guida adeguata per l'azione; si espande in tutto il tessuto della società attraverso le molteplici forme della razionalizzazione (tecnica, burocratica ecc.).

Umanesimo rivolto al soggetto ("alla persona umana"), razionalismo rivolto all'organizzazione e all'azione assurgono all'apice della civiltà.

Rifiutati dalla cultura scientifica, gli studi classici si sono sempre più ristretti. Non potevano più fornire alcun sapere adeguato sul mondo, sulla natura, sulla vita; dispongono ancora di una sapienza profonda, di un tesoro considerevole di riflessioni sulla condizione umana (contrariamente all'opinione oggi diffusa, la nozione di uomo che si può trarre da autori classici come Montaigne e Rousseau, passando beninteso per Pascal, è ancora mille volte più ricca della dissoluzione dell'idea di uomo nell'empirico, nel sapere diviso per discipline, nell'oggettivismo sfrenato, nello storicismo - che conosce solo epoche storiche, non l'uomo -, nel sociologismo - che conosce solamente società, non l'uomo - nel marxismo dogmatico - che conosce solamente classi sociali, non l'uomo; è più ricca di quella che si può mutuare dall'antropologia moderna, che conosce solamente gli uomini delle società arcaiche, senza scrittura).

Per il momento, non si sono formati studi umanistici scientifici. La scienza dominante, al contempo per la scotomizzazione del soggetto, per l'iperformalizzazione e la frammentazione disciplinare, è incapace di inaugurare tali studi.

Benché alcune scienze, riformate nel ventesimo secolo, come la fisica delle particelle, abbiano abbandonato contemporaneamente il dogma del determinismo e quello del riduzionismo, benché siano comparse scienze nuove di carattere transdisciplinare, come l'astrofisica, le scienze della Terra e soprattutto l'ecologia, pochi scienziati concepiscono ancora la necessità di una scienza con coscienza di se stessa, vale a dire cosciente delle trasformazioni storiche, allo stesso tempo promettenti e pericolose, che il loro attuale progresso apporta alla specie umana.

Le scienze umane non possono formare nuovi studi umanistici: da una parte, sono incapaci di integrare quelli classici; dall'altra parte, queste scienze possono essere solo mutilate/ mutilanti, se si fondano sulle suddivisioni e sulle separazioni della scienza classica. Allo stato attuale, sono incapaci di formare una visione dell'uomo.

Quello che è necessario oggi è la formazione di nuovi studi umanistici. Ciò è ormai possibile sulla scorta dell'antropologia complessa che concepisce l'uomo, allo stesso tempo, come essere individuale, sociale, biologico, fisico.

E i nuovi studi umanistici, ossia la concezione dell'uomo nella sua pienezza complessa che comprenda la dimensione biologica e fisica, permettono di rinnovare il problema dell'umanesimo.

Eccoci, dunque, nel no man's land che era impossibile attraversare nel quadro del vecchio paradigma, dove non c'era comunicazione tra le due culture: ci sono ponti, passaggi, attraverso la piattaforma girevole dei nuovi studi umanistici, che consentono di far comunicare il sapere, il dovere, la volontà, cioè la scienza e l'azione.

La cultura scientifica e la cultura umanistica sono due culture di natura totalmente differente. La cultura degli studi umanistici è una cultura generale che consente di riflettere a partire dalle opere, tanto degli antichi, Eraclito, Platone, Lucrezio, quanto dei moderni, Montaigne, Pascal, Vico, Goe-the, Leopardi, sulla nostra condizione e sul nostro destino. La cultura scientifica è una cultura di specializzazione in cui le conoscenze sono divise; la capacità riflessiva vi risulta assente, salvo che nei grandi scienziati giunti al termine della loro carriera. Husserl aveva dimostrato molto bene, un secolo fa, come ci fosse un punto cieco nella conoscenza scientifica che la rende incapace di percepire sia il soggetto che fa la scienza sia l'avventura incontrollata di una scienza che ha prodotto, dopo Hiroshima, la capacità di annientamento dell'umanità.

Ma, pur essendo cieche su se stesse, le scienze ci hanno fornito conoscenze indispensabili ai nuovi studi umanistici. In effetti, ciò che ho enunciato sulla trinità umana è stato possibile solamente grazie a quel che le scienze fisiche, la biologia (Darwin e, dopo di lui, la genetica, la biologia molecola-re, l'etologia animale, l'ecologia) hanno prodotto da oltre un secolo. Il nostro Universo, la nostra vita, la nostra preistoria umana ci sono stati rivelati dalle conoscenze scientifiche.

Ora, l'assenza di comunicazioni tra le due culture fa sì che la cultura scientifica iperspecializzata sia priva della riflessività propria della cultura umanistica e che la cultura umanistica sia come un mulino che macina a vuoto fino a quando non gli arriva il grano delle conoscenze scientifiche. In altri termini, i nuovi studi umanistici devono includere i dati delle scienze, pur conservando le capacità riflessive e meditative che gli studi umanistici favoriscono.

Il Rinascimento era stata l'epoca straordinaria di Leonardo da Vinci, Michelangelo, Pico della Mirandola, Marsilio Ficino, Giordano Bruno, Erasmo, spiriti grandiosi, transdisciplinari, policompetenti, allo stesso tempo artisti, filosofi, talvolta inventori, fisici, biologi, come Leonardo. Il pensiero del Rinascimento si applicava a collegare le conoscenze relative all'umano con le conoscenze sulla vita e sull'Universo. Era antropo-bio-cosmologico. Abbiamo bisogno oggi di un rinascimento del Rinascimento, nutrito dalle conoscenze scientifiche che le discipline hanno prodotto in seguito, soprattutto a partire dal diciannovesimo secolo.

La conoscenza complessa dell'umano fonda i nuovi studi umanistici. Questa conoscenza associa i dati delle scienze (naturali e umane) e quella degli studi umanistici. Consente di concepire l'umanità secondo un'antropo-bio-cosmologia.

Questi nuovi studi umanistici rappresentano una delle due basi cognitive dell'umanesimo rigenerato.

 

La ragione sensibile, aperta e complessa

La ragione sensibile e complessa è l'altra base cognitiva dell'umanesimo rigenerato.

Come abbiamo visto, bisogna rinunciare alla riduzione della conoscenza e dell'azione al calcolo e bisogna ripudiare la ragione fredda, che obbedisce incondizionatamente alla logica formale. Non solo bisogna seguire l'assioma: «Niente ragione senza passione, niente passione senza ragione» la nostra ragione deve sempre essere sensibile a tutto ciò che colpisce gli uomini.

Ancor di più: la ragione sensibile deve comprendere in sé l'amore. L'amore è la più intensa e la più bella relazione intersoggettiva conosciuta. L'amore nell'umanità trascende le relazioni tra individui, irriga il mondo di idee, dà linfa all'idea di verità, che non è niente senza l'amore della verità; è il solo complemento possibile della libertà, senza cui la libertà diventa distruttiva. L'amore deve essere introdotto in un rapporto indissolubile e complesso con il principio di razionalità. Deve costituire una componente viva di questa nuova razionalità.

La razionalità può essere solo complessa. Non potrebbe ridursi al razionalismo, concezione secondo la quale tutto il reale è intelligibile razionalmente. Questa intelligibilità si fonda sulla coerenza delle idee, ottenuta attraverso l'obbedienza alla logica classica: deduzione, induzione, esclusione della contraddizione.

La razionalità complessa sa che ci sono realtà che sfuggono all'intelligibilità razionale. Conosce i limiti dell'induzione (Popper) e quelli della deduzione (Gödel)." È consapevole che ogni grande progresso nella conoscenza arriva a contraddizioni. È consapevole che la logica è uno strumento di verifica utile per verità settoriali e circoscritte all'ambito di ricerca, ma che gli strati profondi della realtà le sfuggono.

Come abbiamo visto in Le idee: «Occorre abbandonare ogni speranza non soltanto di arrivare a una descrizione logico-razionale del reale, ma anche e soprattutto di fondare la ragione sulla logica. Nessuna logica capace di definire le condizioni formali della verità può determinare i criteri di verità o il senso del concetto di verità. Non possiamo mantenere il legame rigoroso (rigido, in realtà) tra logica, coerenza, razionalità e verità, quando si sa che una coerenza interna può essere razionalizzazione (delirio)». [1]

La razionalità complessa che, attraverso il suo movimento, collega le conoscenze collega ciò che è umano alla vita, alla natura, al pianeta, all'Universo. È apertura sul mondo.

La razionalità complessa è cosciente delle perversioni proprie della ragione: la razionalizzazione e la ragione strumentale.

La razionalizzazione edifica concezioni logiche a partire da premesse inesatte o arbitrarie. La ragione strumentale mette la razionalità al servizio dei poteri oppressivi e mortiferi.

Infine, l’ insufficienza della logica ci conduce a legare la razionalità alla ricerca di meta-punti di vista. Ci risulta da Tarski che la verità o falsità degli enunciati di un linguaggio richiedono sempre un linguaggio di ordine superiore, o metalinguaggio, per definire la verità e la falsità degli enunciati nel linguaggio divenuto oggetto. Ci risulta da Gödel che esistono proposizioni vere che non possono essere provate nel sistema al quale appartengono, ma che possono essere provate da un meta-sistema. Ci risulta da Popper che una proposizione empiricamente provata può essere provvisoriamente o localmente vera. La verità razionale e la vera razionalità dipendono, dunque, da meta-punti di vista plausibili e critici, e non da un sistema che sarebbe al contempo empiricamente provato (limiti popperiani) e logicamente assicurato (limiti gödeliani). Dal che discendono due conseguenze decisive: la vera razionalità riconosce i suoi limiti ed è capace di trattarli (meta-punti di vista), dunque di superarli in un certo senso, pur riconoscendo un al di là non razionalizzabile.

Infine, non possiamo più dissociare dalla ragione ciò che è allo stesso tempo, a-razionale, infra-razionale, iper-razionale: l'amore. L'amore, che come prima origine ha le attrazioni fisiche, come prima emergenza vivente il rapporto che si instaura tra la bocca del piccolo mammifero e il seno della propria madre, l'amore che è un rapporto soggetto oggetto che non può essere totalmente oggettivato o soggettivato, ma che è oggettivamente il rapporto intersoggettivo più intenso che si conosca, l'amore che nel suo mito è "conoscenza" (l’"essi si conobbero" biblico), l'amore che nell'umanità va oltre i rapporti tra individui, irriga il mondo di idee, dà linfa all'idea di verità che non è nulla senza l'amore della verità, l'amore è indissociabile dalla più elevata complessità; come ho detto prima, dev'essere anche la sola comunicazione che riesca a impedire a ciò che è ipercomplesso di disintegrarsi nel disordine; è il solo complemento possibile della vera libertà, senza cui la libertà diventa distruzione. L'amore dev'essere presentato in un rapporto inestricabile e complesso con il principio di razionalità. Deve costituire una componente di questa nuova razionalità.

Conoscendo i propri limiti, la razionalità complessa è apertura al mistero del mondo.

Vediamo, dunque, delinearsi i caratteri della nuova ragione sensibile, amante, aperta, incerta, vivente, aporetica, complessa, antirazionalizzatrice. La Ragione non guiderà più: bisognerà guidare la ragione perché essa possa guidare. È vano sperare in un vero progresso dell'uomo e della società senza un lavoro di rinnovamento profondo della ragione da parte della ragione. Come nota Cornelius Castoriadis, la trasformazione della società, che il nostro tempo esige, si rivela inseparabile dall'autosuperamento della ragione.[2]

L'umanesimo rigenerato comporta di per sé una razionalità rigenerata ed è ormai capace di evitare le miopie e gli accecamenti di una razionalità ristretta e chiusa.

 


 


[1] E. Morin, Il metodo 4. Le idee: habitat, vita, organizzazione, usi e costumi, tr.it. Raffaello Cortina, Milano 2008, cit., pp.225.

[2] C. Castoriadis, Les Carrefours du labyrinth, Seuil, Paris 1998, p.285.

Edgar Morin, L'avventura del metodo, Raffaello Cortina Editore, Milano 2023, pp. 160.

Dipartimento di Fisica, Università di Roma “Tor Vergata”

L'Associazione Nuovo SEFIR (https://www.nuovo-sefir.it/) invita cordialmente a partecipare alla giornata di studio dedicata alle intelligenze artificiali, a 70 anni dalla morte di chi per primo se ne occupò organicamente, Alan Turing.

Nel corso dell'evento saranno affiancati ad alcuni cenni storici (anche sul progetto APE dell’INFN), riflessioni attuali
relative a varie discipline e campi del sapere.

Ai partecipanti saranno offerti pranzo e coffee break
Ingresso libero, posti limitati, è pertanto gradita la prenotazione
entro il 22 settembre 2024, per email a IA.trasognoerealta@gmail.com

Programma

Indirizzo: Dipartimento di Fisica dell'Università di Roma "Tor Vergata"Aula Gismondi, Edificio So.Ge.Ne, Via della Ricerca Scientifica 1, 00133 Roma

data: 5 ottobre 2024, ORE 9 - 18:30

 

Accademia Nazionale dei Lincei e Fondazione «Guido Donegani», Roma

Astronomia, Astrofisica, Astrochimica, Astrobiologia.

L’interdisciplinarità di questo incontro si articola come ricognizione delle attività in corso su base nazionale e internazionale dei temi in oggetto.

La collaborazione con l’Accademia Nazionale delle Scienze detta dei XL, nell’ambito di questo convegno si tradurrà in una giornata aggiuntiva dal titolo Asimmetria molecolare e vita nella terra e nel cosmo ispirato a quello di un famoso saggio di Primo Levi.

Per partecipare in presenza è richiesta l'iscrizione al seguente link .

Si prevedono presentazioni addizionali in forma di poster previa proposta di titolo e abstract (max una pagina) per l’approvazione da inviare entro il 16 di settembre a: vincenzo.aquilanti@lincei.it

Una Topical Collection sui “Rendiconti Lincei, Scienze Fisiche e Naturali” raccoglierà articoli scientifici motivati dal tema della conferenza.

 

Scarica il PROGRAMMA

 

Data: 14-10-2024 / 15-10-2024

Ora inizio: 14.00

Luogo: Roma - Palazzo Corsini - Via della Lungara 10



 

Accademia Nazionale delle Scienze detta dei XL, Roma

Dal 1º ottobre al 16 dicembre 2024 torna QuarantaScienza. Scienziati online, appuntamento annuale di divulgazione scientifica dell’Accademia dei XL. Questa ottava edizione, “Luce si farà sull’origine dell’uomo e la sua storia. Seminari di evoluzione umana”, è a cura del socio Prof. Giorgio Manzi.

l'Appuntamento vedrà un ciclo di dodici seminari, organizzati nell’ambito della serie QuarantaScienza. Scienziati online, che sono stati suddivisi in un’introduzione generale (1° seminario) e due sezioni: la prima (2-6) a carattere generale e la seconda (7-12) sui documenti paleoantropologici e di altra natura che abbiamo oggi a disposizione.

Programma edizione 2024

 

Le conferenze si svolgeranno sulla piattaforma Zoom (per richiedere le credenziali di accesso scrivere a segreteria@accademiaxl.it) e resteranno disponibili sul sito www.quarantascienza.it

1. International Light Year 2015: Riflessi e riflessioni tra scienza e fede

 

2. Che cos'è la metafisica della luce?

 

3. L'arcobaleno, fra scienza e fede

 

4. La luce e la filosofia della scienza

 

5. Il sole fonte della nostra luce

Ivan Colagè
Vice Direttore del Centro DISF. Coordinatore didattico della scuola SISRI. Professore Associato di Logica, Filosofia della Mente e della Scienza, Facoltà di Filosofia della Pontificia Università della Santa Croce

 

 

Perché avrebbe Iddio creato questo universo? Perché avrebbe riempito di tante meraviglie i tempi e gli spazi? [...] A che pro tutto questo, se tutto non fosse ordinato da Dio al fine supremo dell'uomo: a quella felicità ch'egli non prova che levandosi fino a Lui?”

 

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Un'incisione dalla prima edizione di Il Bel Paese: «Ghiacciaio detto Mer de glace a Chamouny»

 

Queste parole si trovano in una delle “conversazioni” de Il Bel Paese, opera divulgativa pubblicata la prima volta da Antonio Stoppani nel 1876. La citazione coglie in maniera interessante i due vettori del pensiero di Stoppani su cui vorrei concentrarmi in questo contributo. Non mi riferisco a “scienze e fede”, che pure trovano in Stoppani un’articolazione esplicita e interessante: sia nella sua biografia di geologo e sacerdote, sia nelle sue opere, che precorrono alcune delle coordinate principali dell’attuale campo di studi. Mi riferisco, invece, in maniera appena un po’ più circoscritta, a natura e umanità. La visione di Stoppani è piena di stupore e ammirazione per il “libro della natura”: la meravigliosa armonia, l’ordine e la bellezza che egli, da scienziato, vi scorgeva in un periodo storico – un secolo e mezzo fa – in cui la conoscenza della natura si andava espandendo e approfondando enormemente. Questo sguardo attento, tanto fine scientificamente quanto profondo e lungimirante nella fede, lo mise anche in grado di capire, già all’epoca, come l’umanità non fosse solamente il “destinatario principale” della creazione (come si intuisce dalla citazione iniziale), ma anche un fattore in grado di lasciare un segno reale, concreto e impossibile da trascurare nella natura stessa. Proprio questo rende Stoppani una figura chiave alla base della proposta e dell’elaborazione della recente e discussa nozione di “Antropocene”.

Porre Antonio Stoppani all’origine della nozione di Antropocene non è certo una mia proposta o interpretazione. Coloro che per primi la proposero nel 2000 – il Premio Nobel per la chimica Paul J. Crutzen e il biologo marino Eugene F. Stoermer – riconobbero esplicitamente in Stoppani una delle radici concettuali della nozione. Nel loro articolo intitolato The “Anthropocene” – pubblicato sulla Global Change NewsLetter nel 2000 – notavano che il geologo italiano era già arrivato a considerare le attività umane al pari di “una nuova forza tellurica, comparabile per potenza e universalità alle grandi forze della Terra”.

Ma: che cos’è l’Antropocene? La domanda richiede una risposta un po’ articolata.

Con il loro contributo, Crutzen e Stoermer proposero, di fatto, una nuova epoca geologica per il nostro pianeta, che, almeno secondo loro, sarebbe successiva all’Olocene e attualmente in corso. In sostanza, l’epoca dell’Antropocene sarebbe caratterizzata dal fatto che lo stato globale del pianeta Terra sia influenzato in maniera decisiva dalla presenza e dall’attività umane. Vale la pena di notare qui che anche lo stesso nome proposto trova un antecedente nell’opera di Stoppani, il quale già si riferiva, nel suo Corso di geologia del 1873, all’era “antropozoica” come a quella corrente, caratterizzata appunto della presenza umana sul pianeta.

Dalla prima proposta di Crutzen e Stoermer, il termine entrò rapidamente in uso, dapprima nella comunità geologica e poi sempre più diffusamente. Talmente si diffuse che nel 2009 la International Commission of Stratigraphy – e precisamente la Sottocommissione per la Stratigrafia del Quaternario – diede vita al Working Group on the Anthropocene. Scopo di questo gruppo di lavoro era quello di valutare se effettivamente l’Antropocene poteva essere ufficialmente considerato come una unità cronostratigrafica e geocronologica per il nostro pianeta e, conseguentemente, quello di stabilire il tempo di inizio di questa epoca geologica associandola a dettagli geologici ed ecologici oggettivi e misurabili.

Il dibattito è andato avanti per molto tempo all’interno del gruppo di lavoro e della comunità geologica internazionale. Nel frattempo, la letteratura specialistica si riferiva comunque sempre più spesso alla nozione di Antropocene, la quale ha anche visto proliferare scritti più divulgativi e di carattere interdisciplinare che ne trattavano (vorrei notare incidentalmente che la questione non ha lasciato indifferente neppure la teologia italiana, ad esempio con il libro Cambiare rotta di S. Morandini).

Anche il Centro di Ricerca DISF si è occupato della questione, soprattutto a motivo delle implicazioni interdisciplinari e antropologiche del tema (sulle quali torneremo a breve), ad esempio con l’Editoriale del giugno 2021, e dedicandovi un intero Workshop della Scuola Internazionale Superiore per la Ricerca Interdisciplinare (SISRI) nel maggio del 2022. Tutto ciò avveniva prima che la Commissione Internazionale per la Stratigrafia si pronunciasse ufficialmente sulla proposta dell’epoca geologica “Antropocene”.

Il 20 marzo 2024 (pochi mesi fa), l’Unione Internazionale per le Scienze Geologiche (IUGS) ha diramato un comunicato col quale si diffonde il risultato della votazione dello Working Group on the Anthropocene. La votazione, ratificata successivamente della Commissione Internazionale per la Stratigrafia, rigetta la proposta di introdurre ufficialmente una nuova epoca geologica per la Terra denominata Antropocene e caratterizzata dell’impatto umano sullo stato globale del pianeta. Dunque, non siamo nell’Antropocene.

Questa decisione, che segue 15 anni di ricerca e dibattito del gruppo di lavoro dedicato (la cui complessità tecnica può essere apprezzata, ad esempio, in questo articolo sulla rivista “Anthropocene”), riflette ragioni tecniche geologiche riguardanti principalmente la difficoltà di individuare segnature chiare e univoche per l’inizio di quello che sarebbe stato l’Antropocene. Lo stesso comunicato, tuttavia, riconosce la rilevanza della nozione come un “descrittore delle interazioni tra umanità e ambiente” assai rilevante per discutere “l’impatto antropogenico sui sistemi climatici e ambientali della Terra”.

Insomma, la rilevanza della nozione di Antropocene sta proprio nel catturare alcuni aspetti del rapporto tra natura e umanità. Da questo punto di vista, l’intuizione di Stoppani resta valida e a suo modo confermata: l’essere umano gioca ormai – indipendentemente dall’essere riusciti a stabilire esattamente da quando – un ruolo decisivo per lo stato globale del nostro pianeta.

Non si può negare che le stesse ragioni, e gli stessi dati di fatto, che hanno indotto Crutzen e Stoermer a proporre l’Antropocene come epoca geologica sono alla base delle profonde preoccupazioni che la comunità scientifica palesa attualmente per la questione climatica ed ecologica. Questa intersezione di fatti e ragioni ha fatto sì che all’Antropocene fosse spesso data una accezione negativa, a tratti catastrofista. Vale a dire: 1) l’essere umano è un fattore decisivo per lo stato globale del nostro pianeta e 2) l’impatto dell’attività umana sul nostro pianeta è divenuto ormai essenzialmente negativo e problematico.

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Monumento a Antonio Stoppani, Lecco

Importanti ragioni di preoccupazione sono ormai ben documentate. Da quelle legate al cambiamento climatico, a quelle più generalmente ecologiche – che vanno dall’inquinamento su diverse scale alla perdita di biodiversità e alla distruzione degli habitat – fino ad arrivare alle questioni sociali, politiche ed economiche. Un testo agile per chiarirsi le coordinate del problema, e ancora abbastanza aggiornato, è quello di E. Padoa Schioppa, intitolato proprio Antropocene, del 2021. D’altra parte, il mondo scientifico ha da tempo esplicitato le sue attenzioni al tema. Già nel 1992, un folto numero di scienziati a livello globale (1.700, compresi 104 Premi Nobel) diramava un “Warning”, un avvertimento alla comunità internazionale, poi ribadito 25 anni dopo da oltre 15.000 scienziati provenienti da 184 paesi.

Tutto questo, tuttavia, assai probabilmente non era ancora, per la maggior parte, nei pensieri di Stoppani. Non poteva esserlo perché, sebbene alcuni dei processi alla base delle preoccupazioni attuali fossero già in essere, le conseguenze non erano ancora evidenti quanto lo sono ora. Al contrario, traspare del pensiero complessivo di Stoppani un ottimismo di fondo, sia per ciò che riguarda la natura, sia per ciò che riguarda l’essere umano – come si può costatare, ad esempio, dal suo discorso all’inaugurazione del Reale Istituto di Studi Superiori Pratici e di Perfezionamento di Firenze nel 1877 (Istituto che poi diverrà l’Università di Firenze).

Pertanto, nel pensiero di Stoppani, l’idea che l’essere umano fosse un fattore decisivo e caratterizzante per lo stato del pianeta Terra non si accompagnava alla convinzione che l’impatto umano dovesse essere inesorabilmente negativo. Ciò suggerisce anche che il concetto di Antropocene – vale a dire, la convinzione che la presenza umana sia “potente e universale” – non debba necessariamente avere tali implicazioni. Ciò che, invece, accompagna l’intuizione di Stoppani è la costatazione di quanto la natura, umanità compresa, sia un tutto armonioso e interconnesso:

 

“Non si può levare una goccia d'acqua dal mare, senza che tutto l'Oceano non si commova; non si può trarre un respiro, senza che tutta l'atmosfera non si agiti; non si può portar via un granello di polvere, senza che tutto il pianeta non si risenta: tanto l'ordine è perfetto, rigorosa la consegna, delicato l'equilibrio su cui si regge l'universo, non un atomo escluso.”

 

Questa prospettiva, inclusa da Stoppani in un discorso rivolto a giovani studentesse fiorentine nel 1878, risuona chiaramente con alcune istanze dell’Enciclica Laudato sì di Papa Francesco e, più in generale, con l’enfasi posta sul tema ambientale ed ecologico (nelle sue implicazioni tanto naturali quanto sociali – appunto, strettamente collegate) dal Magistero della Chiesa recente. (È l’enfasi ad essere recente, mentre il tema del rapporto dell’essere umano con la natura è assai antico anche all’interno della tradizione ebraico-cristiana, soprattutto nei suoi legami con l’idea stessa di Creazione).

Potremmo quindi, sulla scia degli spunti che ricaviamo dell’opera di Antonio Stoppani a duecento anni dalla sua morte, affiancare alla costatazione che l’umanità sia in grado di avere un impatto decisivo sull’ambiente (che, ormai, da oltre cinquant’anni non può essere più considerato neppure solamente l’ambiente strettamene terrestre, dal momento che il progresso scientifico-tecnologico ci ha messo in grado di raggiungere, direttamente o indirettamente, anche quello extraterrestre), due altre prospettive: a) quella di una stretta connessione tra l’esistenza umana e quella della natura tutta; b) quella di un ottimismo di fondo legato al posto e al ruolo che la tradizione ebraico-cristiana affida alla nostra specie: il compito di prendersi cura della creazione in maniera reale, universale, attiva ed efficace.

Questo, oggi come oggi, grazie ai dati che la stessa scienza ci mette a disposizione, non può in alcun modo esimerci dalle preoccupazioni che circondano molti esiti della nostra attività. Dovrebbe però spronarci a mettere la nostra potenza – quella che la nozione di Antropocene sottolinea a partire proprio, come abbiamo visto, anche dal pensiero di Stoppani – a servizio integrale di questo nostro ruolo di cura del mondo. Il che poi risulterebbe, se la concezione di un universo strettamente e profondamente interconnesso in tutti i suoi risvolti venisse presa veramente sul serio, anche in una miglior cura dell’umanità verso se stessa.

Poter mettere appropriatamente a fuoco questo, vorrei notare in conclusione, dipende anche dal progresso scientifico, dalla crescita affascinante della nostra conoscenza della natura. E questo Stoppani lo aveva visto assai bene centocinquanta anni fa, quando sottolineava l’importanza della scienza e il “valore educativo dello studio della natura”. In sostanza dunque, la sfida attuale sembra essere quella di mettere questa nostra potenza profondamente a servizio della cura della natura, con la convinzione che nel far ciò renderemo un servizio anche alla nostra stessa umanità e, già immersi in questa natura, ci dirigeremo sempre più verso quella felicità richiamata da Stoppani anche nella citazione d’apertura.

20 agosto 2024

Nel discorso conclusivo durante la cerimonia di chiusura della XXXII Assemblea Generale dell’International Astronomica Union (IAU), la confederazione internazionale che raccoglie tutti i professionisti dell’ambito dell’astronomia e dell’astrofisica, la Presidente uscente, Debra Elmegreen ha comunicato che il Comitato Esecutivo dell’IAU di concerto con la speciale Commissione IAU per la Nomenclatura dei piccoli corpi celesti (WGSBN), ha deciso di intitolare due asteroidi, uno al prof. Piero Benvenuti e l’altro a suo figlio Umberto (1989-2005), scomparso prematuramente all’età di 16 anni in seguito ad una malattia genetica. I due asteroidi, adesso corredati con un nome ufficiale, furono scoperti insieme nel gennaio del 1988 all’Osservatorio di La Silla, sulle Ande, in Cile.

Piero Benvenuti, emerito di astrofisica presso l’Università di Padova ha ricoperto per la prima volta la carica di Segretario generale della IAU per il triennio 2015-2018. Nel 2023 è stato nuovamente nominato come Segretario generale ad interim, subentrando a José Miguel Rodriguez Espinosa, portando l’Unione fino all’Assemblea generale triennale, recentemente conclusa a Città del Capo (Sud Africa). Benvenuti ha lavorato a lungo, fra l’altro, allo Space Telescope Science Institute di Baltimora, seguendo le attività del primo grande telescopio spaziale Hubble. Da alcuni anni si dedica all’interno dell’IAU al progetto “Quiet and dark skies”, ovvero alla protezione dei cieli bui e silenziosi, un problema sempre più pressante nell'era delle grandi costellazioni satellitari, lanciate per motivi quasi esclusivamente commerciali, che ormai attraversano a migliaia i nostri cieli, disturbando non poco il lavoro degli astronomi.

Dal 2013, il prof. Piero Benvenuti è membro del Consiglio Scientifico della Scuola Internazionale Superiore per la Ricerca Interdisciplinare (SISRI). All'assemblea IAU di Città del Capo era presente con lui sua moglie Beatrice.

Il presidente uscente dell'IAU, Debra Elmegreen, ha osservato che: "Abbiamo voluto onorare Piero per il suo lungo servizio alla IAU, in particolare per essere tornato come Segretario Generale ad interim in circostanze eccezionali. Conoscendo la sua preoccupazione per i bambini che hanno avuto una vita difficile e breve, abbiamo ritenuto che un asteroide intitolato a lui e uno intitolato al figlio deceduto sarebbero stati un riconoscimento appropriato per il suo eccezionale impegno nell'IAU". Nel ricevere la prestigiosa comunicazione, Benvenuti ha affermato: "Sono onorato e profondamente commosso dagli annunci fatti da Debra, che vanno ben oltre una normale parola di ringraziamento. Il fatto di menzionare il nostro defunto figlio Umberto è segno della grande amicizia che si è instaurata tra noi. Ora che Umberto sorride a tutti noi da più in alto nel cielo, gli auguro di trasmettere a tutti amore e pace, come ha fatto con la sua famiglia".

I nuovi nomi sono apparsi uno accanto all'altro nell'ultimo bollettino della WGSBN, pubblicato la scorsa settimana. Le citazioni recitano come segue:

(5727) Pierobenvenuti = 1988BB4
Scoperta: 1988-01-19 / H. Debehogne / La Silla / 809
Intitolato all'astronomo italiano Piero Benvenuti (nato nel 1946), in segno di apprezzamento per il suo lungo servizio all'astronomia come Segretario Generale dell'IAU (2015-2018) e come GS ad interim (2023-2024).

(5728) Umbertobenvenuti = 1988BJ4
Scoperta: 1988-01-20 / H. Debehogne / La Silla / 809
Intitolato alla memoria di Umberto Benvenuti (1989-2005), figlio di Beatrice e Piero Benvenuti. Umberto amava esplorare la galassia con il fratello e il migliore amico Eugenio a bordo delle loro astronavi immaginarie. Ha dato alla sua famiglia la forza di affrontare qualsiasi difficoltà e l'ha aiutata ad apprezzare che siamo tutti parte dello stesso universo.

 


 

Roma, Accademia dei Lincei e Scuderie Vecchie di Villa Torlonia

Antonio Stoppani, di cui ricorre il bicentenario della nascita, è considerato una delle figure di spicco nella Geologia italiana dell’Ottocento. Prendendo spunto dagli argomenti da lui trattati, e soprattutto da alcune sue idee anticipatrici, il convegno, organizzato congiuntamente dall’Accademia Nazionale dei Lincei e dall’Accademia Nazionale delle Scienze detta dei XL, intende enfatizzare l’attualità degli studi che contribuiscono alla conoscenza scientifica del Sistema Terra e alla diffusione del valore culturale ed estetico della Geologia.

Programma del Convegno

Il convegno si terrà i gionri 24 e 25 settembre 2024 presso la sede dell'Accademia, il giorno 24, in via della Lungara, Vila Farnesina, per poi proseguire il gionro 25 presso la sede della Biblioteca dell’Accademia Nazionale delle Scienze detta dei XL (Edificio delle Scuderie Vecchie di Villa Torlonia, Via Lazzaro Spallanzani 1/A).

Per partecipare si prega di comunicare la presenza a segreteria@accademiaxl.it

Luogo: Villa farnesina, via della Lungara, 10 ed Edificio delle Scuderie Vecchie di Villa Torlonia, Via Lazzaro Spallanzani 1/A

Data: 24 settembre 2024 dalle ore 10:00 e 25 settembre dalle ore 9:30

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